Diana De Rosa: Pittora barocca napoletana
Non solo Artemisia Gentileschi. Dopo aver studiato questa pittrice barocca di una forza e bravura dirompente, si scoprono altre artiste barocche che lavorano in tutta Italia. A Napoli apprezziamo l’artista Diana De Rosa, pittrice da noi poco conosciuta ma alla sua epoca molto apprezzata.
Di lei si sa molto poco e persino il nome provoca confusione a chi fa ricerche per conoscerla meglio. All’anagrafe Diana De Rosa, fu chiamata sin da piccola Annella, per poi divenire quando entrò nella bottega del maestro napoletano Massimo Stanzione: Annella di Massimo. Figlia d’arte, nata a Napoli nel 1602 dal pittore Tommaso De Mauro e da Caterina, sorella del pittore Pacecco che fu il suo primo maestro, Annella familiarizzò con i colori e l’arte sin da bambina distinguendosi per il suo talento. Quando fu il tempo di maritarsi si scelse come compagno il pittore Agostino Beltrano con il quale restò sposata fino alla morte.
Ed è stata la sua morte, più che le sue opere, di cui pochissime a firma certa, che ha tramandato il nome di Annella fino ai giorni nostri. Fu Bernardo De Domicinis il primo di cui abbiamo traccia a sceneggiare la morte di Annella alla stregua di quella di un film. Nelle sue vite de pittori, scultori ed architetti napoletani, il De Dominicis racconta che Annella era una donna molto bella, oltre che talentuosa, per questo oggetto di invidia da parte della sua fantesca. Come già affermato Annella era entrata nella bottega del maestro Stanzione dove non solo aiutava attivamente il maestro nelle sue opere, ma spesso veniva usata da lui come modella data la sua grande bellezza. Il De Dominicis racconta che un giorno lo Stanzione commosso dalla competenza della pittrice la abbracciò per congratularsi della sua bravura. La fantesca divorata dall’invidia cercò il marito di lei denunciandola come fedigrafa. Il Beltrano pazzo di gelosia cercò la moglie e trovatala la uccise. Fu solo dopo il misfatto che il marito si accorse dell’errore commesso, si pentì amaramente del suo gesto, e fu costretto all’esilio da Napoli per diversi anni, fin quando, perdonato dalla famiglia di Annella non potè rientrare in città .
La realtà storica è senza dubbio meno romantica e appassionante. Il certificato di morte del 7 dicembre 1643 attesta che la pittrice morì di malattia dopo una vita di successi professionali che le permise di lasciare insieme al marito una discreta somma di denaro ai loro figli.
Nonostante le diverse ricerche effettuate non si trovano facilmente tracce dei dipinti della De Rosa. Questo, in parte, perchè spesso l’artista dipingeva prima nella bottega dello Stanzione e poi del marito che come era uso dell’epoca finivano e firmavano i suoi lavori.
Due sono le opere che le si attribuiscono con più certezza, due tele di grandi dimensioni commissionate ad Annella grazie l’intercessione del maestro Stanzione per la Chiesa della Pietà dei Turchini: la nascita e la morte della Vergine.
Il De Dominicis ci parla di altre due opere a firma dell’artista ad oggi scomparse: un San Giovanni Battista da giovane nel deserto, in origine appeso nella sagrestia di Santa Maria degli Angeli di Pizzofalcone, ed una Madonna del latte nell’attuale chiesa di Santa Maria dei Lombardi. Tracce di suoi dipinti si hanno anche in alcuni antichi inventari come quello di Giuseppe Carafa dei Duchi Maddaloni del 1648 ed in quello del Principe Capece Zurlo del 1715.
Recentemente la casa d’asta Dorotheum ha messo in vendita una Sant’Agata del 1630 attribuita in precedenza ad Antonio de Bellis, poi a Francesco Guarino ed infine ad Annella da Giuseppe Porzio e da Riccardo Lattuada, per il valore di 30.000/40.000 euro .
Il dipinto, che è possibile facesse parte di una serie di santi, rappresenta Sant’Agata che in una mano regge una foglia di palma, simbolo del suo martirio e l’altra invece al petto.
Altra opera attribuita ad Annella sempre da Riccardo Lattuada per la casa d’asta dorotheum, è un olio rappresentante Lucrezia. Venduto nel 2018 per 87.500 euro a privati, probabilmente, in origine faceva parte della collezione degli Jatta di Ruvo di Puglia.
Non è inverosimile che altre opere in futuro verranno attribuite a questa artista famosa nella sua epoca e dimenticata da una società maschilista. L’attenzione per le donne artiste e il riconoscimento della professionalità femminile in tutti gli ambiti, finalmente sta faticosamente affermandosi, facendoci riscoprire artiste apprezzate nella loro epoca che ci hanno lasciato un prezioso bagaglio culturale.
Bibliografia e sitografia
M. Fagioli, F. Marini: “Immagini del tempo passato: una raccolta toscana di dipinti antichi” catalogo della mostra. Ed. Aion, Firenze 2005
Bernardo de Dominici : “Vite de’ pittori, scultori, ed architetti napoletani,” Volume 3, Napoli, 1743
http://achillecontedilavian.blogspot.com/2018/08/diana-de-rosa-detta-annella-di-massimo.html